Archeologia preventiva
Il Geoportale per l’archeologia preventiva
Le grandi trasformazioni del territorio italiano causate dalla realizzazione di infrastrutture, opere pubbliche di diversa entità e, da ultimo, dalla costruzione di innumerevoli impianti finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili e non, rischiano costantemente di intercettare e distruggere il patrimonio archeologico diffuso ancora conservato nel sottosuolo. Come conciliare dunque l’esigenza di proteggere e conservare un patrimonio tanto diffuso e rispettare la necessità di garantire servizi sempre più capillari alle persone, trasporti sempre più efficienti, città sempre più “connesse” al passo con le esigenze di una società in trasformazione e con tecnologie in costante evoluzione?
La risposta a questa domanda risiede nella procedura della verifica preventiva dell’interesse archeologico (che si abbrevia come “archeologia preventiva”): essa prevede la valutazione del rischio rappresentato per i contesti archeologici e paleontologici dalla realizzazione di un’opera pubblica. Tale valutazione è tanto più complessa e articolata quanto lo è l’opera in progetto: si pensi soprattutto a grandi infrastrutture estese per centinaia di chilometri come strade e ferrovie, o a opere che incidono profondamente il sottosuolo. Per effettuarla, è fondamentale la collaborazione fra tutte le parti coinvolte: progettisti, committenti, enti territoriali, archeologi, geologi, paleontologi.
La legge fornisce soluzioni percorribili per salvaguardare tutela del patrimonio e necessità di realizzazione delle opere: i contesti archeologici possono in alcuni casi essere indagati e documentati scientificamente, prima di essere rimossi per lasciare spazio alle attività in progetto. È possibile, in alcuni casi, al termine delle indagini archeologiche, delocalizzare i resti antichi, per garantire le migliori prospettive di fruizione e valorizzazione in un luogo diverso da quello del ritrovamento. Solo in caso di assoluta incompatibilità delle opere in progetto con i ritrovamenti archeologici diviene necessario richiedere una modifica del progetto iniziale. Infine, talvolta è possibile che l’antico giunga a coesistere con la città contemporanea, con forme di integrazione che riescono a valorizzare al massimo le testimonianze del passato nel contesto attuale.
La legislazione italiana, ben prima della ratifica della Convenzione di Malta del 1992, che a livello internazionale ha posto le basi per le norme in materia, aveva già previsto la facoltà di prescrivere indagini archeologiche per individuare in fase di progettazione le stratificazioni antiche che potrebbero essere danneggiate dalle opere.
Oggi, la materia è regolata dal Decreto Legislativo 36/2023 Codice dei contratti pubblici. Ai sensi del DPCM 14 febbraio 2022 la redazione della relazione di assoggettabilità alla procedura deve essere effettuata mediante lo standard e gli applicativi GNA. La Circolare della Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio n.9 del 28 marzo 2024 infine ha esteso il conferimento dei dati al GNA a tutte le fasi della procedura di archeologia preventiva, compresi quindi saggi, trincee e scavi in estensione, nonché l’eventuale assistenza in corso d’opera.
Principali documenti di riferimento:
- Circolare 53/2022 su VPIA e parametri del potenziale archeologico
- Circolare 32/2023 su VPIA nel nuovo codice Appalti e vigenza del DPCM 14 febbraio 2022
- Circolare 9/2024 in materia di conferimento al GNA dei dati minimi di tutte le indagini di scavo
- Circolare 22/2024 su estensione dello standard GNA alle aree di competenza dei parchi archeologici
- Manuale wiki GNA
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